Marco Valeriani è nato a Milano nel 1971, dove risiede.
Consegue la maturità scientifica e intraprende gli studi alla facoltà di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Milano.
Nel 2007, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, “Gocce di senso”.
Nel 2008, ha pubblicato la sua seconda raccolta, “Il mondo da una piccola finestra”.
Attualmente, è impiegato presso la Pubblica Amministrazione.


 

Un poeta, per recuperare la propria identità, deve saper parlare alla gente, comunicare con il mondo circostante. Cosa vuole comunicare Marco Valeriani?

In tutta sincerità credo che un poeta – ma io non sono certo sicuro di appartenere alla categoria – non possieda una precisa e distinta identità, semplicemente offre e s(‘)offre e delle sue emozioni cerca di fare partecipi i suoi lettori.
Beninteso, nel pensiero, nelle emozioni e nell’immaginazione di un poeta – come di chiunque – c’è una robusta dose di non detto e non dicibile che, paradossalmente, si traduce in una particolare forma di linguaggio.

Nel 2007, lei ha pubblicato la raccolta “Gocce di senso”. Da dove cadono queste gocce?
In realtà non è mai esistita una raccolta codificata e organizzata di liriche.
Semplicemente ho inviato trenta brevi e, spesso, brevissime poesie , ad una piccola casa editrice (Libroitaliano), appunto che mi sembravano meritevoli di essere lette e, comunque, al limite di essere pubblicate.
Così ho creato a “posteriori” la raccolta seguendo un vago e banale criterio guida: il senso inteso come il sentire nella più ampia accezione del termine.
Conseguentemente sono state privilegiate le poesiole sentimentali.

I titoli delle liriche sono ordinati alfabeticamente nell’indice. Perché?
Appunto perché, in realtà, il tema – guida non è precisamente definito, perché le liriche non sono state composte con l’intenzione di creare una raccolta.
A questo punto l’ordine alfabetico mi è sembrata la soluzione più elementare e “logica”.
In fondo consente anche di poter variare la lettura di liriche stilisticamente molto diverse.

Come è nata l’idea di far iniziare i versi di alcune poesie con le lettere che compongono nomi o parole?
E’ stato il primo “esercizio”  in  cui mi sono cimentato utilizzando nomi di donne per comporre acrostici (così si chiama questo genere di poesia) “amorosi”.

Al 2008, risale la seconda raccolta. Com’è il mondo visto da una piccola finestra?
In verità, le due raccolte sono “contemporanee” e posso solo aggiungere che la seconda, “Il mondo da una piccola finestra”, è nata in maniera più “ragionata”, abbandonando le tematiche sentimentali classiche per privilegiare – non dico l’impegno – ma quantomeno uno sguardo particolare sulla contemporaneità su quello che, almeno credo, mi sembra il  mondo in cui viviamo.

Milano è la sua città. Cosa le piace e cosa non le piace di questa metropoli?
Francamente posso dire che Milano è la città in cui vivo e nulla più.
Da anni ormai non la riconosco più: si vive solo per lavorare e il ritmo della quotidianità è diventato così eccessivo da essere insostenibile.
A volte mi sembra che noi milanesi stiamo smarrendo la nostra umanità confondendoci con i vapori e i gas di scarico della città.

Il suo poeta preferito, qual è?
Sinceramente non sono un gran lettore di poesia e quando mi sono dedicato a questo genere letterario molto particolare ho sempre cercato di conferire “musicalità” ai versi, di infondere un certo senso del ritmo.
In effetti, a volte, è stato come se le note mi fossero rimbalzate nella testa!
Per questo motivo posso dire di amare molto cantanti di “musica leggera” del passato come De Andrè e Tenco, molto profondi e “poetici”.

Lei ha pubblicato tramite due case editrici di piccole dimensioni. Perché, a suo avviso, in Italia, la poesia è relegata a fenomeno per pochi?
Entrambe le raccolte sono state pubblicate da Libroitaliano, ma è stato un po’ come una scommessa, perché credo che, francamente, la poesia per la sua forma, i suoi contenuti e la sua veste, quasi inevitabilmente finisce per assumere tratti “elitari”.
In effetti anche parecchi poeti ritengono di scrivere per essere compresi solo dagli iniziati.
Personalmente mi sono sempre sforzato di trasmettere e veicolare i miei versi in maniera tale da essere apprezzati e comprese dagli altri.
In fondo è stato un modo per condividere pensieri e sentimenti.

Alle donne, ha dedicato diverse liriche. Chi sono queste donne?
Segreto di Stato !!!
Molta immaginazione con qualche sprazzo di realtà!

Nel suo futuro di poeta, sono in programma altre opere?
Per comporre liriche occorre l’ispirazione, avere la materia “prima” da trattare e, soprattutto, i mezzi e le risorse intellettuali e sensibili per dare forma al prodotto finito.
Levigando, smussando, intervenendo sui toni…
Per il momento considero l’esperienza da poeta una tappa della mia vita, ma per futuro non si può mai mettere la parola “fine”.
Di quel periodo conservo comunque una raccolta inedita.

Oggi, secondo lei, è tempo di vivere o filosofare?
E’tempo di vivere e di conquistare una nicchia di tempo per filosofare o poetare che, in fondo, è un modo particolare di fare filosofia.