Archivio mensile:Marzo 2013

Santa Maria Bianca della Misericordia

La canonica di Casoretto affonda le sue radici nel 1404, anno in cui Pietro Tanzi, proprietario di una chiesetta dedicata a Santa Maria Bianca, chiede espressamente alla congregazione dei Canonici Lateranensi di Santa Maria della Frigionaia di Lucca l’invio di alcuni religiosi per officiarla.

Nel 1406, è eletto il primo priore di Santa Maria Bianca, don Pietro Orido da Padova.

Il neoeletto doveva, come segno di obbedienza, recarsi ogni anno, nel giorno dell’Assunzione della Madonna, alla chiesa del monastero di Santa Maria della Frigionaia, per deporre sull’altare maggiore due candele del peso complessivo di due libbre.
La chiesa e il monastero di Casoretto, durante il Quattrocento, costituiscono una importante sede della congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi, presenti in seguito a Milano nella chiesa di Santa Maria alla Passione.
L’ordine dei Canonici risale all’epoca di Sant’Agostino.
Essi scelgono la povertà come norma di vita.
La costruzione della chiesa risale al 1470-1480 ed è stata attribuita all’ambiente dei Solari, famiglia di architetti lombardi che lavorano alla costruzione di importanti chiese milanesi, quali Santa Maria delle Grazie e San Pietro in Gessate.
Non si conosce ancora quale fosse l’impianto originario della chiesa, se a tre navate o a navata unica con cappelle laterali; l’intera facciata conserva ancora le sue fattezze originali, ad esclusione del grande tondo centrale e delle cornici delle finestre.
Testimonianza preziosa del XV secolo è il bellissimo affresco di autore ignoto raffigurante la Madonna della Misericordia a cui è intitolata la chiesa.
La Vergine Maria è ritratta in atto di adorare il Bambino Gesù, disteso sull’erba.
Bellissima è la raffigurazione della Madonna, vestita di un abito candido bordato d’oro.
Altra opera degna di nota, appartenente alla fine dell’epoca quattrocentesca, è la pala Melzi, opera forse di Liberale da Verona.
Il trittico raffigura al centro la Resurrezione di Cristo e nelle due tavole laterali, a destra il conte Giovanni Melzi presentato da San Giovanni Battista, a sinistra la moglie accompagnata da San Giovanni Evangelista. Nella lunetta sovrastante, appare la figura di Dio Padre benedicente.
Nel tardo Cinquecento, la chiesa è ampiamente rimaneggiata al suo interno.
A tal periodo, va ascritta la copertura della navata centrale con volta a botte, nonché la costruzione dell’altare maggiore.
Questo intervento viene attribuito a Pellegrino Tibaldi o a Martino Bassi, i due maggiori architetti che operano a Milano nel XV-XVI secolo.
Il Tibaldi, architetto di San Carlo Borromeo, potrebbe essere stato chiamato a Casoretto proprio dal santo a cui era cara la canonica.
Il santo milanese sembra si ritirasse spesso in preghiera in tale luogo, come si può intendere dalla epigrafe incisa sull’architrave di un portale che si trova nei pressi del chiostro.
La grande ammirazione dei canonici per quest’uomo pare confermata dall’aver ritrovato, recentemente, un affresco seicentesco raffigurante Carlo e Federico Borromeo: il primo è raffigurato sulla destra della parete, il secondo a sinistra, in alto è raffigurato lo Spirito Santo.
Sotto la raffigurazione, si leggono le parole latine Sapientia et Intelectus. Il convento di Casoretto sopravvive, per quasi due secoli, alla morte del santo cardinale suo protettore.
Nel 1772, il cardinal Pozzobonelli decreta la soppressione delle canoniche di Santa Maria della Misericordia di Casoretto, San Giorgio in Bernate Ticino e Santa Maria Rossa di Crescenzago.
A partire da questa data, Santa Maria diviene coadiutoria di Turro.
Don Gaspare Fossati, parroco di Turro, nel 1839 scrive al Regio Governo perché intervenga a riparare il tetto della chiesa, che si trovava in condizioni disastrose, ed ecco che, nel 1841, le sue richieste vengono esaudite con la sistemazione del medesimo. Nel 1927, la chiesa e il chiostro sono interessati da lavori di restauro dell’architetto Annoni, che ridona alla facciata della chiesa il suo aspetto quattrocentesco e sistema gli ambienti interni del chiostro ad uso di canonica ed asilo infantile.
Il chiostro di Casoretto, nonostante i palesi rifacimenti, costituisce un esempio unico a Milano per tipologia architettonica.
La peculiarità del medesimo è il grande spazio architettonico posto a separazione degli archi a tutto sesto e delle bifore, tipologia non presente in altri chiostri coevi della città.

Fratelli Freni

Messinese di nascita, Salvatore Freni arriva con la famiglia a Milano, scappato dal terremoto del 1908; nel 1914, apre la sua attività.
Il primo negozio è in Corso Vittorio Emanuele II, un altro è aperto in Via Alciato.
Il fondatore viene sostituito dai figli Iginio, Carlo, Luisa, negli anni 20.
La guerra distrugge completamente le attività, tranne una porzione del negozio di Corso Vittorio Emanuele II, con cui si può proseguire la produzione.
Dopo la guerra, i tre fratelli aprono un negozio in Via Marconi e poi in Via Torino 1.
La bottega del corso viene condotta fino al 2000, per poi riaprire in Via Beccaria 3, attuale sede della ditta dopo la chiusura del negozio di via Torino 1.
Negli anni 70, la conduzione dell’impresa passa a Giancarlo, figlio di Iginio, al quale si affiancano, negli anni 80, i figli Carlo, Maria, Donatella, attuali titolari.
Il marchio del Duomo dietro al carretto siciliano contraddistingue i prodotti Freni.
È consultabile a richiesta l’archivio amministrativo dell’azienda; al contrario, il ricettario è custodito gelosamente come una reliquia dai proprietari.

Trota in bianco

Ingredienti per 4 persone:
1 trota di almeno 1 kg
1 bicchiere di aceto (anche di mele)
1 bicchiere di vino bianco secco
2 cucchiai di olio evo
1 gambo di sedano
1 carota
1 cipolla
prezzemolo
1 limone
sale
pepe

Procedimento:
Mettere i vari odori tagliati a fettine in una pentola piena d’acqua.
Bollire il tutto per 15 minuti.
Aggiungere l’aceto, il vino e l’olio.
Mettere la trota nel brodo, coprendola completamente e facendola bollire per almeno una ventina di minuti.
Spellarla, sfilettarla e servirla con qualche goccia di limone emulsionata ad olio evo, cospargendo il tutto con una nuvola leggerissima di prezzemolo.

Il mio suggerimento:
Per diminuire il tempo di cottura e per non far perdere aspore al pesce, di solito dopo aver eviscarato la trota, provvedo ad unire anche la lisca e la testa al brodo.
Tagliandola a filetti risulta più facile anche togliere la pelle e disporla nel piatto da portata senza romperla.
Decorate a piacere anche con fettine dilimone sottilissime.
Se vi piace accompagnate il pesce con una maionese leggerissima fatta in casa, aromatizzata al prezzemolo.

Alessandro Predaval

Nato nel 1903 e vissuto a Milano, laureato in legge a Pavia, è stato soprattutto commediografo, romanziere e critico. Ma ha scritto anche poesie in lingua e in vernacolo.
Commedie:
L’ultimo calcio,
Il viaggio di Don Giovanni,
L’uomo che aveva previsto,
La Reggia d’Argo.
Romanzo:
La Gazzera
Inoltre: collaborazioni a giornali e riviste con articoli e novelle, naturalmente ricevendo premi e segnalazioni.

Malesseri

 

L’è el cald, l’è el fregg…l’è l’asen che l’è vecc!
In questo breve saggio filosofico, vi è la consapevolezza che, spesso, si danno colpe al clima degli acciacchi fisici, quando poi è l’età la maggior responsabile degli stessi.