Archivio mensile:Maggio 2013

San Cristoforo al Naviglio

L’attuale chiesa di San Cristoforo è composta da due edifici adiacenti; quello a sinistra risale al 1250 e venne costruito nel periodo degli scavi del Naviglio Grande.

L’altro edificio, quello che sorge più vicino al Naviglio, fu costruito fra il 1398 e il 1405; eretto, per conto della cittadinanza, in occasione di una lunga carestia e in ringraziamento per la vittoria ottenuta da Gian Galeazzo Visconti sui francesi ad Alessandria nel 1391.

Il fronte della chiesa più antica è ornato da un ricco portale in cotto, con lunetta a rosone, da tracce di affreschi, da stemmi dei Visconti e della città di Milano.

Anche all’interno, vi sono elementi di notevole rilievo, come, ad esempio, le due arcate che collegano l’aula dell’antica chiesa all’altra.

La navata destra ha due campate con volte gotiche a crociera.

Sulla controfacciata, si trovano una Madonna fra santi e una Crocifissione dei primi del Quattrocento.

Sulla parete di sinistra, si trova un’altra Madonna fra santi, di scuola del Bergognone, mentre sull’abside sono visibili figure di santi cinquecenteschi.

La navata di sinistra è coperta da un soffitto ligneo, alle pareti vi sono resti di antichi affreschi.

San Barnaba in Gratosoglio

Il monastero di Gratosoglio, situato presso l’antica strada Milano-Pavia, fu fondato tra il 1107 ed il 1130 da un gruppo di monaci benedettini, appartenenti alla giovane osservanza vallombrosiana che, giunto in città, trovò l’appoggio di un gruppo di istituzioni e personaggi favorevoli al programma di riforma della Chiesa.

Avvenne così la fondazione della comunità e la costruzione del monastero, dedicato a San Barnaba apostolo, all’epoca ritenuto fondatore della Chiesa milanese.

Dal 1545, il monastero di Gratosoglio rimase abbandonato a se stesso.
Gli abati commendatari (cioè non più eletti dai monaci, ma nominati direttamente dal Papa), per assicurare l’officiatura della chiesa, fecero risiedere nell’ex-monastero sacerdoti secolari, seguiti dai carmelitani “calzati”.
Per comprendere adeguatamente l’edificio ed il progetto che lo ha generato, bisogna fare un rimando ai principi dell’attualità e del realismo, cioè del radicamento dello stile della nuova chiesa nel contesto dell’architettura locale, nella sensibilità spirituale contemporanea, nelle esigenze e nel gusto dell’uomo moderno, nell’impiego dei nuovi materiali, nel rifiuto della mimesi di stili passati.
Il progetto per San Barnaba parte dal desiderio di perseguire alcune caratteristiche proprie della chiesa moderna, come la praticità e utilità generalizzate, il senso di religiosità, il carattere simbolico della morfologia dell’edificio, che ha grandi dimensioni (55 metri di lunghezza, 23 metri di larghezza), con un impianto a croce latina con abside in corrispondenza del braccio longitudinale e volta a vela all’incrocio degli assi della croce. L’edificio può essere letto come una grande aula rettangolare, in cui i fedeli sono radunati in una sfera di visibilità che ha come fulcro l’altare e il presbiterio, nonostante la presenza di due navate laterali (separate da quella principale per mezzo di archi a tutto sesto), che possono essere considerate semplici corridoi di disimpegno.
La conformazione del presbiterio è di tipo extranavata, poiché realizzato “fuori dalla nave”e acquista una certa preminenza, dato il notevole salto di quota rispetto all’aula e per il colore scuro della pavimentazione marmorea.
Il raccordo laterale tra santuario e navatelle/transetti è realizzato mediante archi, così che la chiesa sembri circondata da archi di trionfo; la mensa è collocata a cavallo della linea di tangenza fra il fondo dell’edificio e l’abside.
Anche dal punto di vista formale, si vede una certa modernità.
Non solo lo scheletro strutturale è stato realizzato in cemento armato, con tamponamenti in mattoni, ma le travi a vista orizzontali sono connesse alla struttura portante verticale in luogo di volte ed archi, senza creare una partizione dell’aula in campate, col conseguente guadagno della continuità di superfici nelle pareti perimetrali.
All’interno, spicca la grande decorazione dell’arco trionfale che separa il santuario dall’abside e la decorazione del catino absidale stesso, opere del pittore Ernesto Bergagna, eseguite insieme a Pastori, Carugati e il nipote Francesco Zuliani, sempre in rappresentanza della Scuola Beato Angelico.
Questa decorazione della parte absidale risale al 1950 e vi si trovano raffigurati il Cristo Re, San Barnaba, Sant’Ambrogio e i 12 Seniori.
Al centro dell’abside, è rappresentato il Padreterno seduto su di un trono dorato, sorretto da quattro esseri, il primo simile ad un leone, il secondo ad un vitello, il terzo ad un uomo, il quarto ad un’aquila.
Intorno al trono, ci sono gli apostoli, ognuno su un seggio, e alcuni sono rappresentati coi simboli che li caratterizzano: Pietro, ad esempio, ha in mano delle chiavi e gli Evangelisti i rotoli dei loro Vangeli.
Al di sopra del trono, ci sono sette angeli, sorretti ciascuno da una nuvola e ognuno di loro tiene in mano una delle sette chiese d’oriente.
L’intera composizione è inquadrata da una greca policroma: lingue di fuoco, zampilli d’acqua, e nubi rosa. Un arcobaleno si staglia sul fondo di un cielo azzurro e stellato, mentre sulla superficie dell’arco di trionfo trovano spazio i cherubini dalle ali colorate, degli angeli oranti e, infine, nella fascia più bassa, le figure di Sant’Ambrogio e San Barnaba.

Santissimo Nome di Maria

L’attuale chiesa del SS Nome di Maria fu costruita tra il 1929 e il 1932, in concomitanza con l’edificazione dell’intera nuova struttura che avrebbe ospitato i Martinitt, l’istituzione pubblica milanese che si preoccupava di curare l’infanzia maschile in difficoltà o abbandonata, nata nella prima metà del XVI secolo, ad opera di San Gerolamo Emiliani, nel centro di Milano.

La casa di accoglienza poteva usare, inoltre, una piccola cappella nelle vicinanze, dedicata a San Martino: da qui il nome Martinitt, piccoli Martini.

Peraltro, la sistemazione nel cuore di Milano divenne sempre più angusta: fu necessario, a tal proposito, identificare un luogo di trasferimento degli ospiti e dei servizi.
La località prescelta offriva ampi spazi, poiché al lato nord della chiesa era stato edificato un teatro ed a sud una chiesa, collegati agli altri edifici da porticati.
La chiesa fu inaugurata nel 1932, alla presenza di Benito Mussolini e poi consacrata nel 1939 dal Cardinal Schuster, mutuando l’antica dedicazione a San Martino, con associata quella a San Gerolamo Emiliani.
La chiesa si presenta ancora assai luminosa, col suo altare posto verso il sorgere del sole.
In essa, una volta trovavano posto gli ospiti dell’istituto, sino allo svuotamento dello stesso per diminuzione della popolazione orfana di Milano.

San Martino in Lambrate

Costruita tra il 1913 ed il 1927, la chiesa sorse in luogo di una precedente chiesa, risalente al XIV o XV secolo, di cui resta solo il bel campanile dalla mole solida.

La nuova chiesa fu costruita in due tempi: la parte absidale, un tratto delle navate e la sacrestia, prima della Grande Guerra; a partire dal 1924, si demolì la vecchia chiesa e si completò la nuova parrocchia. Probabilmente per ragioni di spazio, la struttura fu edificata in senso opposto alla precedente, tanto che ora il campanile risulta non più nell’abside, ma sulla facciata.

Lo stile è definito “basilicale lombardo” da colui che la progettò, l’architetto Ugo Zanchetta.
È lunga trentanove metri e larga ventisette, a cinque navate verso i corpi absidali, e diciotto metri verso il prospetto principale a tre sole navi.
La superficie è novecento metri quadri.
La luce penetra nell’edificio non troppo viva, ma abbastanza diffusa.
La decorazione è volutamente sobria, a partire dall’impiego dei materiali: il mattone, il granito, il ceppo, la pietra, sono i materiali a cui è affidato non solo il compito statico, ma anche quello decorativo.
Tutta la struttura del tetto è in cemento armato, mentre il solaio inclinato è in laterizio forato in doppio ordine. Le venti colonne di granito, coi capitelli di pietra di Saltrio bianco di venti disegni differenti, creano all’interno una dominante zona di contrasto, che genera una complessiva e gradevole armonia, a completare la quale contribuisce il pavimento a terrazzo alla veneziana con disegni larghi e colorazione policroma.
Nell’abside, spiccano il mosaico del Cristo Pantocratore e tre vetrate policrome.
Accanto all’altare, è collocata una croce processionale.
Meritano di essere citati il fonte battesimale, in pietra e rame; il pulpito ligneo, che attende di essere messo in ripristino opportuno; la cancellata della cappella ex battesimale; il bassorilievo di San Martino in marmo.
Appartengono al patrimonio artistico della chiesa anche una Pergamena del 1652, nonché candelieri e reliquiari dei secoli XVIII e XIX; un gonfalone di San Martino e un velo omerale della fine del XVIII secolo; una pianeta ed un piviale bianchi in oro del XIX secolo; alcuni vasi antichi dei secoli XVIII e XIX; due Messali romani del 1727 e 1737 rispettivamente.