La cappella è costruita per ordine di Azzone Visconti intorno al 1336, accanto ai palazzi del potere signorile e vescovile.

 

È dedicata inizialmente alla Vergine, quindi a San Gottardo, invocato come protettore contro i disturbi di Azzone, la gotta e i calcoli. Una volta completata, viene affidata ai Francescani.
L’aspetto esterno dell’edificio è completamente trasformato, in epoca neoclassica, da Giuseppe Piermarini, nell’ambito della risistemazione del palazzo ducale.
La facciata è eliminata, essendo addossata ad altro edificio, l’ingresso della chiesa è trasferito sul fianco sud. La costruzione è ad aula unica rettangolare, stretta ed allungata, divisa in tre campate da contrafforti coronati da frontoni cuspidati e pinnacoli.
La profonda abside semiottagonale è illuminata da ampie finestre archiacute e presenta dimensioni tali da assumere il rilievo di una cappella autonoma dall’insieme.
Ha conservato, invece, il suo assetto originario la torre campanaria, il Campanile delle Ore, che Azzone ha dotato di uno dei primi orologi pubblici di Milano: alla base, una lapide ricorda il nome dell’architetto realizzatore dell’edificio, Francesco Pecorari.
Il fianco sud, l’abside, la torre campanaria sono caratterizzati da netti accostamenti di materiali e colori, il cotto in particolare, nella tradizione del gotico lombardo.
Assolutamente sontuoso, ai tempi di Azzone, l’interno della chiesa, così come lo narra Galvano Fiamma: pareti decorate con affreschi finiti a lapislazzulo e foglia d’oro, sull’altare un trittico scolpito ed un paliotto con gemme incastonate, pavimento e amboni rivestiti in avorio, ovunque paramenti in oro e seta.
La chiesa di palazzo conserva altresì un ricco tesoro di calici e vasi liturgici di pregio, donato al Duomo nel 1498 da Ludovico il Moro e quasi del tutto scomparso.
Il grande affresco con la Crocifissione, collocato sulla parete di fondo, in assenza di testimonianze dirette della presenza di Giotto a Milano, costituisce documento prezioso dell’attività dei suoi stretti seguaci.
La parte leggibile dell’affresco, strappata all’irreversibile deperimento, si limita alla zona inferiore della scena della Crocifissione, dove si scorgono due gruppi di monumentali figure ai lati della croce.
Sulla parete sinistra della chiesa, sono stati ricomposti i frammenti del monumento funebre di Azzone Visconti, opera dello scultore Giovanni di Balduccio, raffigurante un’arca con un bassorilievo in cui Sant’Ambrogio è in piedi e intorno a lui vi sono inginocchiate le città dominate.
In questa chiesa, nel 1412, avviene l’omicidio di Giovanni Maria Visconti ad opera degli eredi di Bernabò Visconti (Baggio, Pusterla, Trivulzio, Mantegazza, Aliprandi, Maino).
Il portale adorno di colonnine ed il mausoleo di Azzone  dal Castello Sforzesco, deposito temporaneo, vengono riportati nella sede originaria nel 1887, quando la Real Casa dispone di avviare il restauro dell’edificio e della torre campanaria.
Dopo il 1925, con la cessione del Palazzo Reale al Comune di Milano, l’architetto Calzecchi-Onesti avvia degli interventi, come l’isolamento della base della torre campanaria, il riposizionamento del vecchio portale, il recupero del rosone superiore da una cappella dietro il muro dello scalone piermariniano.
A fianco alla Crocifissione, si trovano due opere del secondo dopoguerra: a sinistra, l’altare della Madonna dei Dispersi di Romano Rui, a destra, il fonte battesimale in rame di Nicola Sebastio.
Lungo la navata, a sinistra, si trova un altare laterale, con la tela di Giuliano Traballesi raffigurante Maria Assunta in Cielo; di fronte, il dipinto di Martin Knoller raffigura San Gottardo Vescovo.
Nel presbiterio, di fronte al monumento sepolcrale di Azzone, è esposta la grande tela di San Carlo in Gloria di Giovanni Battista crespi detto il Cerano.
L’arredo dell’altare è opera di un artista vivente, Ercole Ceriani.