Dante Olivieri scrive: “PIZZONE VILLA – Casale presso Musocco. L’Anselmi ne fa dipendere il nome dalla famiglia Opizzone stabilitavi nel secolo XVII. Il Costa la chiama VILLA BEZONIS”.

Dalla relazione fatta in occasione della visita pastorale di San Carlo Borromeo, il 25 Luglio 1573, il borgo è già chiamato Villapizzone, è così da ritenere sbagliata l’affermazione dell’Anselmi.
Quanto dice il Costa trova la sua conferma in documenti antichi, ma non fornisce spiegazione di tale nome. Negli atti del Comune di Milano (atto CXXI del 31 dicembre 1179), vi è una sentenza a cura di  Eriprando Giudice, console di giustizia, nella lite vertente tra il Monastero di Orona e i rustici di Cisano e Binzago per questioni di distretto.
In tale sentenza, viene citato due volte un Frogerio de Villabezone.
Una spiegazione plausibile sull’origine del nome viene da una memoria che il monaco Giacomo Stella ha scritto nel 1530, quale Rettore della chiesa di San Martino in Villapizzone: in due lettere ritrovate dentro il capitolo “documenti”, dopo aver detto che gli spagnoli avevano messo a fuoco tutto l’archivio, la casa parrocchiale e metà del paese, descrive come è sorto Villapizzone: “La parrocchia di Villapizzone è antichissima, risale al sesto secolo di Cristo. La zona era un vasto bosco che si estendeva dalle porte di Milano fino ad Arese. Nel bosco dimorava un santo monaco greco di nome Attanasio Piccione. Da questo sant’uomo prese il nome il bosco, che fu chiamato bosco-piccione. Era proprietà dei monaci neri che fecero tagliare tutte le piante e misero a coltura il territorio. La zona divenne poi agricola e, con l’insediamento di persone, sorsero i villaggi: uno di questi fu appunto Villapizzone (villaggio-piccione)”.
A suffragare la tesi di Giacomo Stella, vi è una lettera che il conte Paolo Camillo Marliani invia da Milano al curato di Villapizzone, il 16 novembre 1536.
In questa, si afferma che i suoi antenati, originari della località di Villa-pizzone, sono stati affittuari e poi livellari degli Umiliati, indi coloni dei monaci benedettini sin dall’anno mille.
Il paese, che si trovava sulla strada “elvetica”, era passaggio obbligato per raggiungere Milano da parte di mercenari, svizzeri, comaschi, francesi, spagnoli, austriaci.
 In ogni momento, la popolazione era esposta alle vendette ed ai saccheggi delle truppe in transito o in ritirata.
Il Cristianesimo si diffuse nell’agro milanese alla fine del V secolo.
Dalla città, giunse con maggiori difficoltà nelle campagne.
I canonici venivano invitati a svolgere la propria missione nei centri minori; la sera, tornavano nella pieve, ove vivevano collegialmente.
Il Concilio di Trento stabilì che chi aveva cura d’anime (curato), avrebbe dovuto risiedere nella sua cura. San Carlo Borromeo mise in pratica i dettami conciliari ed istituì nuove parrocchie.
La pieve, comunque, pur restando sempre una circoscrizione ecclesiastica, divenne anche una circoscrizione amministrativa.
Villapizzone, Arese, Cassina Amata, Castellazzo, Cesate, Garbagnate, Novate Milanese, Pinzano e Senago formavano la pieve di Bollate.
Quest’ultima località era dentro il contado della Martesana.
Nel 1385, passò al Contado di Milano, perché compreso nella fascia di dieci miglia che circondava la città. Il 13 marzo 1752, Villapizzone non fa più parte della pieve di Bollate, ma è aggregata a quella di Trenno. Parrocchie di questa pieve erano Trenno, Quarto Uglerio (Oggiaro), Villapizzone, Garegnano, Cassina del Pero, Figino.
Fra il canonico ed il parroco, fu creata una figura intermedia di sacerdote: il curato, il quale aveva la cura di un borgo, un rione, un gruppo di casali.
La cura era l’insieme delle anime residenti in un certo luogo, sia il territorio stesso.
Vi erano poi i cappellani, che svolgevano la missione in una cappella, avendo cura delle anime appartenenti a quella famiglia.
Poi, c’erano i monaci, che venivano mandati a reggere chiese che, spesso, erano di proprietà dei conventi e venivano chiamati “rettori”.
Ai tempi di San Carlo, quando una cura veniva eretta parrocchia, lo si faceva con una bolla: si sa per certo che Villapizzone, nel 1557, era già una parrocchia.
Goffredo da Bussero, canonico di Rovello vissuto nel XIII secolo, riporta in un manoscritto l’elenco delle chiese e degli altari esistenti nella diocesi di Milano.
Di Villapizzone non vi è traccia, ma un attento esame può portare a considerazioni importanti.
Dice Goffredo:”Sulla strada per Bollate, si trova la chiesa di San Martino ed Apollinare”.
Nell’anno 1152, un certo Guerenzo da Cairate lasciava un lungo elenco di beni e denari ad altrettanti beneficiari: fra questi ultimi, vi era inserito pure l’ospedale di San Martino in Strada.
Il Giulini, autore del testo che riporta l’atto di donazione, s’incuriosisce e vorrebbe sapere dove si trovava questo ospedale.
Consulta il citato manoscritto e, vedendo che di San Martino in Strada ne esistono due, uno presso Affori ed uno presso San Donato, vi rinuncia.
Presso la Curia di Milano, in una nota delle entrate della chiesa di Villapizzone datata 1560, si trova scritto: ”Notta et lista delli Intrate et paramenti della giesia di santo Martino In strata de vilipizono plebe de bolati ducato di Milano”.
Un’ulteriore prova che, alla chiesa di San Martino vescovo, esistente nel 1573, ne preesisteva un’altra, l’abbiamo da questo documento che si trova nell’archivio parrocchiale: “L’anno 1573 li 26 luglio certifico che il corpo del quondam fu nobile signore Siro Omodei, tumulato nella vecchia chiesa di San Martino l’anno 1528, si è trovato tutto intero e si è trasportato avanti l’altare della Beata Vergine, et per fede Sottoscritto Prete Pietro Vago, Rettore di San Martino di Villapizzone”.
Dopo questa chiesa, abbattuta dal Lomazino, ce n’è una ulteriore di San Martino: quella dove giunse San Carlo Borromeo il 25 luglio 1573.
Infine, la terza chiesa parrocchiale: quella attuale.
La sua costruzione ha avuto inizio il giorno 11 giugno 1604 ed è terminata verso il 1640.
E’ divenuta comunque la nuova parrocchiale attorno al 1620.
E’ stata ampliata nel 1893 e nel 1969.